Dopo un secolo di psicanalisi, la psicogenealogia...

Pubblicato il da maura saita

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Dopo un secolo di psicanalisi1 terapeuti di varia estrazione si sono resi conto che non tutti i problemi dell’individuo venivano dalla sua storia personale più o meno rimossa.

Maria Törok e Nicolas Abraham, psicanalisti freudiani di origine ungherese, hanno notato che certi pazienti in analisi mostravano sintomi o esprimevano sentimenti che non erano in nessuna relazione con le loro esperienze personali. Hanno poi sviluppato una ricerca su più generazioni e hanno emesso l’ipotesi dell’esistenza nella psiche umana di “cripte” e “fantasmi” legati a traumi psichici, segreti, problematiche taciute, degli antenati.

La psicanalisi considera che esiste nella psiche o anima dell’uomo una parte conosciuta (conscio) e una parte nascosta o sconosciuta (inconscio) dove si trovano tutti i contenuti che non possono essere portati alla coscienza per varie ragioni (traumi rimossi, pensieri inaccettabili per la morale , ricordi troppo dolorosi, ecc). I sogni, in particolare, ci mostrano l’esistenza di questo “altro” mondo che ci influenza profondamente anche nella nostra vita diurna per esempio con lapsus, atti mancati o malattie psicosomatiche. 

Freud con il saggio “Totem e Tabù” aveva affrontato la questione della trasmissione psichica transgenerazionale, ma, troppo preso dalle sue teorie sulla sessualità, aveva sottovalutato l’importanza di questa scoperta. Bisogna dire che all’epoca di Freud la sessualità, soprattutto femminile, era totalmente negata e ciò produceva malattie, come l’isteria, che nascevano dalla repressione degli istinti naturali. Il sesso era considerato “disdicevole” e il fatto di parlarne, anche se da un punto di vista medico, era una ragione sufficiente per mettere all’indice una persona. L’ottocento era effettivamente malato di sessualità repressa e Freud ha dovuto lottare parecchio per fare accettare questa sua diagnosi. Ma la sua lotta lo ha portato in direzioni che spesso non gli hanno permesso di approfondirele sue innumerevoli intuizioni.  

Solo Carl Gustav Jung, discepolo prima e antagonista poi di Freud, aveva compreso l’importanza di questa trasmissione psichica tra generazioni e aveva ipotizzato l’esistenza di un inconscio collettivo, luogo dove le rappresentazioni psichiche (traumi, pensieri, ricordi, percezioni, affetti, ecc.) sono trasmesse all’uomo attraverso le generazioni. Ma Jung si era interessato in particolar modo alle rappresentazioni più arcaiche, gli archetipi2, senza soffermarsi troppo sull'evidenza che lo stesso meccanismo permette di trasmettere nelle famiglie, per generazioni, traumi, sofferenze, sensazioni, in generale il vissuto di antenati più o meno prossimi.

Molti altri studiosi, psicoterapeuti, psicanalisti, esperti, hanno approfondito successivamente la tematica della trasmissione psichica tra generazioni3 e negli anni sessanta Anne Ancelin Schützenberger, psicologa francese allieva di Moreno, ha elaborato una sintesi di tutti questi studi proponendo un nuovo approccio psicoterapeutico conosciuto come psicogenealogia.

La sua storia personale  costellata di traumi e incidenti familiari che si sono ripetuti di generazione in generazione fino ai suoi figli, l'ha naturalmente indirizzata verso la ricerca transgenerazionale.

Anne Ancelin ha inoltre lavorato per diversi anni in ospedale nel reparto di oncologia tra i malati incurabili e ha potuto verificare precedenti  nelle generazioni passate di incidenti e malattie non imputabili a trasmissione genetica. Non è imputabile a trasmissione genetica, per esempio, il caso clinico di una persona malata di un tumore ai testicoli di cui si scopre che il bisnonno francese mobilitato in Algeria aveva esattamente cinquant’anni prima ricevuto un colpo mortale ai testicoli da un cammello.

Ha confrontato la sua esperienza con lo studio di una psicologa statunitense, Josephine Higard, che dimostra in modo “statisticamente significativo” che l’apparire di una psicosi nell’era adulta è legato alla ripetizione familiare di un trauma importante avvenuto nella stessa data in passato.

 Queste “coincidenze”, troppo numerose per essere tali, sono state imputate alla “sindrome di anniversario”; una sorta di lealtà familiare inconscia spingerebbe la persona a rivivere gli stessi traumi sofferti dagli avi e sovente nelle stesse date.

Io stessa ho conosciuto diversi casi di persone con questa particolarità nell’albero genealogico: persone che nascono nella data anniversario della morte violenta di un avo, come a ricordare alla famiglia la sua storia; che si ammalano nelle date anniversario di un abbandono da parte della famiglia di un antenato; date di divorzio che richiamano separazioni traumatiche avvenute nel passato.

In psicogenealogia si lavora su una sorta di albero genealogico commentato (genosociogramma) e si mettono in evidenza le ripetizioni patologiche, le malattie e i traumi, i ruoli di sostituzione di persone morte, ecc.

L’ipotesi alla base è che le generazioni, oltre che trasmettersi i tratti fisici e somatici, si trasmettono anche i ricordi, i sentimenti e  i traumatismi psichici rimossi. Oggi questa ipotesi è avvalorata dai lavori del biologo inglese Rupert Sheldrake che ha scoperto l'esistenza  di campi morfici, campi d’energia che uniscono individui gli uni agli altri al di là dello spazio e del tempo (come i campi quantici) e che posseggono una sorta di memoria comune.

La mia vita stessa è stata costellata, mio malgrado, da  ripetizioni di scenari e date familiari. Per esempio sono andata a vivere in Francia, patria natale di mia madre, dove ho scoperto la psicogenealogia4 e, in conseguenza di ciò, i segreti che pesavano sul ramo familiare materno.

Mi sono in seguito trasferita a Torino esattamente cento anni dopo l'immigrazione all'estero della famiglia torinese di mio nonno materno.
Io oggi abito con mio marito proprio a Torino e, malgrado le buone ragioni che abbiamo per aver fatto questa scelta, resta comunque il fatto che è la città natale del mio misterioso nonno materno. Del quale ho scoperto, sempre facendo delle ricerche genealogiche per la mia formazione in psicogenealogia, che è morto negli anni quaranta in Italia in un sanatorio per malati di tubercolosi (malattia che ha colpito tutta la famiglia in epoche diverse). Nello stesso luogo dove mia nonna, sua moglie, si è trovata a morire "casualmente" trenta anni più tardi e dove è seppellita. 

Il lavoro con il mio genosociogramma o albero psicogenealogico ha rivelato la ripetizione di questi trasferimenti solo apparentemente casuali. Boszomzny-Nagy parlerebbe di lealtà familiari invisibili o inconsce: la morte di mio nonno, in solitudine, lontano dalla sua famiglia, in sanatorio, può avere provocato dei sensi di colpa che si manifestano ancora oggi in alcuni dei suoi discendenti. Questi sensi di colpa si trasformano in desiderio di riparazione che si palesa, tra l'altro, con i continui spostamenti. E' come se nella nostra famiglia ci si spostasse continuamente da un posto a un altro per scoprire qualche cosa o pagare qualche "debito" familiare.

Questa è una delle ipotesi che possono risultare da un lavoro di psicogenealogia: per me aver potuto prendere coscienza delle mie radici e delle difficoltà che mi sono state trasmesse mi ha aiutato a diventare una persona più completa e realizzata. E oggi di poter aiutare delle persone con questo metodo. 

Maura Saita Ravizza, Torino

3409345394            maura.saita@libero.it                   LINK


(1) Metodo terapeutico inventato da S. Freud (1856/1939) che si basa sull’indagine dei meccanismi inconsci della persona che vengono evidenziati dal suo rapporto con l’analista

(2) Dire che gli archetipi sono delle rappresentazioni è una semplificazione che anche Jung ha fatto in un certo momento; successivamente ha descritto gli archetipi come centri di energia che veicolano delle immagini diverse secondo la cultura.

(3) F. Dolto, D. Dumas, M. Bowen, Moreno, Boszomenyi-Nagy, ecc. 

(4) In Francia ho studiato per quattro anni in una scuola per diventare psicoterapeuta e mi sono specializzata in psicogenealogia con una allieva di Anne Ancelin Schützenberger

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